Due amici arrivano a cena, elettrizzati da un video che subito ci sottopongono: è un video sul Butoh, una particolare forma di danza che nasce negli anni ’50 in Giappone. I suoi padri fondatori, Kazuo Ohno e Tatsumi Hijikata, si incontrano nel 1954 e danno inizio ad un lungo lavoro insieme.
Non tutti considerano il Butoh una danza. Per molti si tratta di una particolare forma di teatro. Il Butoh mescola infatti danza, teatro, improvvisazione ed influenze delle tradizionali arti dello spettacolo giapponese con la danza dell’Espressionismo tedesco “Ausdruckstanz”.
La prima rappresentazione di Butoh avvenne nel dopoguerra giapponese.
Anno storico è considerato il 1959. Fu l’anno in cui al Festival Giapponese della Danza, a Tokyo, venne rappresentato “Kinijiki”, di Tatsumi Hijikata.
La performance era molto breve (appena 5 minuti) e senza musica.
Fu scandalo. La performance traeva spunto da una novella di Yukio Mishima. Sembra che le immagini e i movimenti fossero cosi scioccanti ed offensivi che la Direzione del Festival, che aveva sponsorizzato lo spettacolo, fece spegnere le luci prima che la performance potesse essere completata.
Oggi il Butoh, con il suo miscuglio di elementi giapponesi e occidentali si è allontanato dalle sue origini e si è divulgato nel mondo.
Ci sono tanti stili di Butoh quanti sono gli artisti che lo rappresentano.
L’aspetto unificante di tutte le forme di Butoh è la sua spiritualità e la severissima preparazione che l’artista deve possedere per poter realizzare la sua performance.
Il Butoh ha molto a che fare con la meditazione e l’addestramento delle arti marziali ma anche con la danza nel senso tradizionale, un elemento questo che ha in comune con tutte le forme di arti marziali che hanno origine nell’ estremo Oriente.
Caratteristiche del Butoh sembrano essere i corpi dipinti (di bianco, d’oro, argento o, viceversa, la assoluta, totale nudità), i movimenti lenti, le teste rasate (o, al contrario, l’acconciatura sovraccarica e iperelaborata), le posizioni contorte.
La danza evoca immagini di decadenza, di paura e disperazione; immagini di erotismo, estasi e silenzio.
Il Butoh mette insieme il conscio e l’inconscio. Il movimento non è dettato dall’esterno ma appare in interazione tra il mondo interno ed il mondo esterno.
Grotowski descrive il butoh come “una forma d’arte molto antica in cui la creazione rituale ed artistica erano senza continuità. In cui la poesia era canto (song), il canto incantesimo (incantation), il movimento era danza”.
Alcuni dicono che l’essenza del Butoh sta nel meccanismo attraverso il quale il danzatore smette di essere se stesso e diventa qualcuno o qualcosa d’altro.
Questa concezione della danza è evidentemente molto diversa da quella convenzionale in cui il corpo del danzatore esprime un’emozione o un’idea astratta.
La cosa importante non è trasformarsi in qualcuno o qualcosa, ma la metamorfosi in sé, il fatto che ci si trasformi.
“Puoi danzare come un fiore, puoi imitarlo ed esso diventerà il fiore di tutti, banale e di scarso interesse; ma se, al contrario, metti la bellezza di quel fiore e l’emozione che evoca dentro il tuo corpo morto, allora il fiore che avrai creato sarà unico e vero” (K. Ohno).
da L’inafferrabile definizione del butoh.
Altri links:
Wiki
www.butoh.net