C’è qualcosa di misterioso nella tendenza tenace a rimanere svegli alle 3,09 a.m., specialmente quando alle 7,00 a.m. bisognerà già stare in piedi agili e scattanti, nel tentativo caparbio di tenere gli occhi aperti e la zazzera a posto.
E invece c’è qualcosa che ci fa restare così, come a cercare qualcosa, a tener viva l’illusione di essere sul punto di fare qualcosa di importante, di essere lì lì per sbrogliare, finalmente, il bandolo della matassa, il gomitolo, lo gliuommero che sta per sciogliersi: basta tirare il filo e la soluzione è a portata.
E invece annaspiamo, a quest’ora, e ce ne rendiamo conto, con le palpebre che sbattono e le narici dilatate: come cani affondiamo il naso nelle pozzanghere notturne cercando di vedere il nostro muso riflesso sull’acqua buia, alla ricerca di un odore qualunque, di un’altra spinta ancora per rimanere svegli.