Finalmente abbiamo trovato una casa che fa al caso nostro. Certo anche qui alcune cose sono strane, tipo la stanza che i giovani padroni tengono per sé (dunque chiusa a chiave) per immagazzinare roba. Come se noi non ce n’avessimo. Ieri dallo scaffale che la mia coinquilina stava pulendo nel fondo è cascato un topo morto. Me l’ha rivelato a denti stretti mentre preparava la cena, ammettendo di averlo mollato nella scatola aperta in cui è precipitato. Allora oggi ho indossato un bel paio di guanti da lavoro e mi ha portato a vederlo. “È lì – mi fa restando sulla porta – quello giallo”. “Giallo?”. E vedo una carcassa di topo appoggiata sui cavi. Un topo imbalsamato, ve lo giuro. Giallo. Una mummia di topo. Rigido e secco. Lo piglio per la coda e poi gli tocco il corpo. Sembra di cartapesta. Secondo Rino è morto di vecchiaia. Secondo me di noia. O di paura. O di fame. O di un male brutto.
Gli ho fatto fare la stessa fine di quello che, ancora in carne, un anno fa il gatto ci regalò con amore.
E così, eccolo, un altro dei ricordi che mi porterò nella nuova casa. Varie prove di lancio, le serenate notturne e il topo mummia.