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Con brio

La donna sul trapezio

di W.E.

C’è una donna che ha un groviglio di ricci accesi di rosso in testa, la maglia che porta è lunga e stretta e rossa anche lei, su pantaloni neri mangiati dagli stivali, è il suo compleanno e ride e scherza e beve e mangia. Poi sale sul suo trapezio, appeso a un metro e mezzo dal tappeto, dice spegnete la luce che mi vergogno, e comincia a volteggiare. Un corpo tutto uno con la musica, che conosce lo spazio fino al millimetro, perché continua a sfiorare il muro, il divano e il tipo che ci è seduto sopra.
Poco prima ha soffiato sui suoi trentanni illuminati sui kiwi e le pesche e poi ha tagliato il dolce con la mezzaluna, non avendo il coltello, e anche il cavatappi non va perso, perché è solo uno ed è di Aldo. Il suo cane neanche la guarda mentre sta in aria, immobile sotto la performance quotidiana della donna che segue da anni per le strade, di cui conosce la voce, il tono e le giornate.
Non fa differenza se ora ci sono così tante persone attorno attonite, le cui mani esplodono in applausi improvvisi e quasi involontari. Le corde si attorcigliano ancora, un’ultima volta, e poi scende, come se tutto fosse stato niente.
Questa è la donna sul trapezio, quella che sa parlare col corpo e con le mani, quella così diversa da me tanto che mi fa innamorare.

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