Mélanie, la protagonista del film di Denis Dercourt, cammina composta, eretta, lentamente, ma il passo è sicuro. Il suo sguardo è fermo, come scolpito nel ghiaccio, gli occhi non lasciano trasparire niente, niente di ciò che pensa o sente.
Il film incede esattamente allo stesso modo. Lo spettatore ha la continua sensazione che qualcosa di grave, irreparabile, improvviso stia per accadere ma questo qualcosa si spande tra le atmosfere e i piccoli gesti e solo alla fine il cerchio si chiude.
Quello di Dercourt è un gioco psicologico sottile cui contribuisce l’andamento della macchina da presa e la bravura delle due attrici.
Da ragazzina Mélanie non passa l’esame per entrare al conservatorio, col viso rigato dalle lacrime fa cadere il coperchio della tastiera del piano sulle mani di una giovane collega.
Una volta tornata a casa decide di abbandonare per sempre la sua passione.
Sull’immagine della stanza vuota, e della cassa del piano chiusa a chiave, la prima dissolvenza: il sogno è infranto e la vendetta sta per cominciare.