Quanti granciporri lungo una già breve vita. Che cafarnao abbacarli tutti.
Quanto spreco baloccarsi con brigatori arruffamatasse, imbattersi in un biascicapaternostri o in un murcido faloppa, gettonare un bàbbio senapismo, inviare missive a un moscardino affannone in visita da anni da un freniatra magari pure callido.
Poi necessiti un anòdino, dal troppo disagarbare, ti mangi tutte le pipite o culmini in una ribotta per dimenticare.
Invece costoro dovrebbero finire tutti nella rumentiera, oppure tu appigionare un guardamerci, quantunque richiedesse una dispendiosa buonamano.
Ma vabbè, me ne imbuschero, invacco con ricche acquavite conservate nel frigidaire, cucio di gugliata le ferite rimaste e poi via! Pel mondo ancor con un desueto omnibus, che il cammino è lungo, ma io un buon equitatore.
Giocando con questo.
6 risposte su “Cospettone!”
…e davvero mi rincresce dell’impoverimento della nostra lingua, e da brava toscana mi permetto di precisare che l’agugliata non è il filo per cucire come descrive Repubblica, ma più precisamente il pezzo di filo della lunghezza giusta per cucire e mi sbilancerò ancor di più nel dire che a mio parere è -la gugliata- e non -l’agugliata-
e sempre per giocare con le parole ecco una storia che fiorisce dal gesto colto di Fosco Maraini:
Il giorno ad Urlapicchio
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad Urlapicchio
in cui m’hai detto «t’amo per davvero»
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E gnacche alla formica
Io t’amo o pia cicala e un trillargento
ci spàffera nel cuor la tua canzona.
Canta cicala frìnfera nel vento:
E gnacche alla formica ammucchiarona!
Che vuole la formica con quell’umbe
da mòghera burbiosa? È vero, arzìa
per tutto il giorno, e tràmiga e cucumbe
col capo chino in mogna micrargìa.
Verrà l’inverno si, verrà il mordese
verranno tante gosce aggramerine,
ma intanto il sole schìcchera gigliese
e sgnèllida tra cròndale velvine.
Canta cicala, càntera il manfrore,
il mezzogiorno zàmpiga e leona.
Canta cicala in zìlleri d’amore:
E gnacche alla formica ammucchiarona!
Bellissima.
Grazie daniela.
Confermo. La gugliata è precisamente il pezzo di filo della lunghezza giusta per cucire, che infatti si misura in forma di guglia.
Minchia mi sono sbagliato lo pseudonimo:
è rammendasalsiccie.
Ti ho corretto lo pseudonimo (e tolto la “i” dalle salsicce)…
Dunque il fido DeMauro sembrerebbe dirci che oltre a gugliata (il termine esatto), si può usare, in sua vece, anche agugliata.
Ma siccome noi siamo puntigliosi ora correggo con il termine esatto 😉