Alla fine di una giornata che rischiava di concludersi con un piatto di pasta al pomodoro – una mancanza di ingredienti che, arrivando col buio, può essere pericolosamente vissuta come una mancanza di vitalità – un’amica ci salva in corner invitandoci a cena: insalata di polipo e patate, pasta con asparagi e gamberetti, e chiacchiere nuove.
Gli argomenti sono diversi, alcuni aprono porte su mondi incredibili.
Uno su tutti, quello delle riunioni di condominio.
Appartamenti nuovi nati accanto a qualcosa che per ora è solo un umido acquitrino, con l’ambizione (dei giovani acquirenti) di diventare inquilini di una zona residenziale compunta e decorosa.
Le proteste riguardano dunque la famiglia di napoletani che ha montato un gazebo davanti casa – un gazebo discreto e innocuo del colore delle piante; i commenti sono sul modo di parcheggiare un’auto maltenuta (che sarebbe secondo loro quella della nostra amica); le proposte:
comprare tutti dei vasi uguali così da evitare incongruenze estetiche, innalzare un muro per fugare la possibilità di compromettenti commistioni con la palazzina accanto, di tono irrimediabilmente popolare, dove finiranno albanesi a sgozzare agnelli (?).
I personaggi in questione hanno sui 30 anni.
Probabilmente un mutuo sulle spalle, forse tante preoccupazioni, difficoltà, dolori, come molte altre persone. Eppure hanno il tempo e la voglia di preoccuparsi dell’inestetismo di un gazebo.
Scopro che in alcune cittadine non si possono tendere panni alle finestre.
Me lo raccontano come se si trattasse di un’ovvietà ma giuro che non lo sapevo.
Non so. Decoro è una parola che non mi piace.
L’attenzione eccessiva ai formalismi mi preoccupa e mi innervosisce.
Rispetto è una parola che mi piace.
Dare del lei ad una persona anziana mi sembra quantomeno doveroso.
Poi altri discorsi: quante persone sono abituate ad essere criticate?
La serata termina a casa parlando di Castruccio Castracani, neanche voi saprete chi è; poi ipotizzando un’impostazione a scuola per cui la storia vada di pari passo con la geografia fisica e politica facendo largo uso di atlanti storici.
Quasi a letto, mi viene prestata una cosa eccezionale: un’Espresso datato 11 maggio 1969. Mi soffermo lungamente sulle pubblicità.
Poi comincio a leggere l’articolo principale del numero che s’intitola: “Gli italiani e la tv. In che modo il monopolio televisivo condiziona le nostre idee, i nostri gusti, le nostre abitudini, le nostre scelte.” La firma è di Umberto Eco.
Tutto è interessantissimo ma mi cadono gli occhi e devo, a malincuore, smettere.
Siamo strani. Siamo tutti molto strani.
5 risposte su “Gazebi indecorosi”
Ciao.
Concordo sul rispetto, che sia reciproco.
In una società edonista e narcisista come la nostra, questo tipo di discussione è all’ordine del giorno. Come Consigliere comunale di un piccolo comune, ho partecipato alla Commissione Statuto che si occupa di stilare il regolamento di Polizia Comunale. Tra le linee guida c’è ovviamente il decoro. L’intento non sarebbe dei peggiori, purtroppo questo sostantivo è tronfio, pieno di pregiudizi, insomma ti guarda dall’alto in basso; gusto, potrebbe essere più appropriato? Come immaginarsi una via di un quartiere popolare senza i panni appesi ai fili? Come possono rompere l’equilibrio di un vecchio borgo medioevale?
Non siamo strani. Abbiamo più soldi, noia, presunzione, paura. E l’erba del vicino è sempre più verde…
Dimenticavo. Al mercato dei Navigli di Milano acquistai una nota rivista erotica. Play Boy anno 1981. Copertina di Ornella Muti che all’interno ci regalava una spendida “patata anni ’80”. E delle perle pubblicitarie: sigarette, profumi, alcolici, autovetture, e un motore fuoribordo! All’interno si parla di eros center, ovvero come legalizzare e promuovere la prostituzione, si parla di perbenismo e interferenze religiose, vengono trattati anche argomenti letterari. Rivista erotica, bollata dalla “sciura” come scandalosa, da zozzoni! Mai comperato Novella 2000?
Sì, infatti. La stranezza cui mi riferivo è qualcosa che ha a che fare con quel po’ di sorpresa procurata da alcuni fortuiti sguardi prospettici e un po’ più ampi (come quelli che si soffermano sulla lontananza che ci separa da Castruccio e dagli Aragonesi o come lo stupore nel leggere una rivista del ’69 o dell’81): a volte siamo così imbevuti del momento storico in cui viviamo che ci scordiamo il percorso e con lui tutte le simili anomalie del passato.
Quindi è vero. Non siamo strani. E sono molto d’accordo col fatto che abbiamo più soldi, più noia, presunzione e paura.
Dalla pubblicità della Esso sull’Espresso di cui sopra (claim: “Chiedeteci tutto per guidare felici”):
Forse avete voglia di un buon caffè. O di qualcosa di fresco da bere. Forse vi servirebbe una cartina. O un disco orario. Forse Luigino deve “lavarsi le mani” ed è giusto che trovi un posto pulito. E in ordine. Forse vostra moglie vuole fare uno spuntino. Volete fare una telefonata? Ecco: vorremmo che vi sentiste come a casa vostra. Stiamo lavorando in questo senso, stiamo lavorando per darvi tutto per guidare felici.
Ce n’era una della Porsche strutturata su due pagine di giornale. Sulla prima pagina la vettura in autostrada ed una didascalia, non mi ricordo tutte le parole precise, in ogni caso suonava così: “Siete alla guida della vostra nuova porsche carrera 2, viaggiate ad una velocità di 120 Km/h e sfruttate 60 cv del vostro motore. Un’utilitaria vi sorpassa a 140 km/h sfruttando tutti i cavalli del proprio motore. Voi cosa fate?”
Sfogliata la pagina vi trovate la foto dell’interno dell’auto con un bell’uomo sorridente. La disascalia recita: “Sorridete, e la lasciate passare. Tanto sapete che ne avete ancora 200 sotto il cofano.”
Davvero niente male.
La pubblicità è maledettamente diabolica.
Più volte, guardando un film, mi è capitato di interessarmi più alle interruzioni pubblicitarie che al film stesso. E devo dare merito a certe pubblicità. Alcune appartengono ormai alla “storia”, che potendo essere studiata con qualcuno che ti fornisce strumenti validi, diventa molto interessante.
Alcune pubblicità a stampa del passato danno del serio filo da torcere alla migliore grafica computerizzata di oggi.
Ma se comincio non finisco, quindi non comincio.
Magari il prossimo mese.
Per ora segnalo quella della Panda, ultima serie FIAT.
In generale, quando l’Italia capirà – una volta aper tutte – che l’ironia è fondamentale, riuscirà anche a vincere qualche premio.