La scomparsa di Heath Ledger è una cosa che proprio non mi va giù.
In The Dark Knight, grandissima prova di Nolan, Heath Ledger-Joker è eccezionale.
Jack Nicholson, già Joker nel primo Batman di Tim Burton, per cui ha incassato la bellezza di 60 milioni di dollari (richiese di essere pagato in percentuale sugli incassi) si è molto risentito della decisione di far interpretare a Ledger quello che fu il suo ruolo, per il quale avrebbe voluto essere ingaggiato nuovamente, o almeno essere interpellato in qualità di consulente.
Già molto prima dell’uscita del film si parlava dell’interpretazione di Ledger in toni entusiastici, ma ora, arrivato sullo schermo per non tornarci mai più, il Joker di Ledger ha definitivamente assunto la valenza del mito.
La follia del Joker è qui portatrice di una sorta di filosofia personale in cui la tensione al denaro e al potere – comune a tutti gli altri criminali – è annullata dal semplice gusto della sfida perpetua col rivale pipistrello. Il gioco è duro e si regge sul caos e il volere del caso, per questo niente è impossibile.
Il Joker non ha nulla da perdere, e mette continuamente alla prova l’integrità del suo avversario, il cui schema mentale continua a separare in modo netto il bene dal male e le cui azioni sono il risultato di ponderate scelte.
Il trucco slavato, i lati delle labbra cuciti malamente, i capelli scomposti sono la cifra del male che analizza attentamente la psicologia del nemico per andarne a colpire i punti più deboli.
Il gioco non riuscirà con l’incorruttibile Batman, ma avrà terribili conseguenze sul suo corrispettivo politico Harvey Dent.
Heath Ledger, la cui carriera ha avuto un impennata con la grande interpretazione di Ennis Del Mar in Brokeback Mountain, è stato trovato morto nel suo appartamento il 22 gennaio per un’overdose di farmaci.
Checché ne dica Jack Nicholson, sarà difficile anche solo pensare un altro Joker.