Quando lo stavano promuovendo, avevo idea che questo film fosse tutt’altra cosa.
M’incuriosiva ma pensavo che fosse una cosa da ridere, uno sberleffo satirico sull’uomo più potente del mondo tramite l’invenzione del suo assassinio.
La maggior parte dei critici in effetti ne parla proprio in questi toni, liquidandolo come una banale opera di fiction in forma di fantapolitica, pura provocazione insomma.
Sì, è pura provocazione, ma a me non è sembrato affatto male.
Gabriel Range costruisce il suo film in forma di documentario, un documentario che ricostruisce l’ipotetica morte di George W. Bush avvenuta il 9 ottobre 2007.
La struttura, in questo senso, è perfetta, e la ricostruzione, tramite l’uso del computer e le false interviste, rende il tutto molto credibile.
La soluzione del thriller è ciò che, ho letto, lascia più perplessi i detrattori di Range.
Mi chiedo perché.
Non posso parlarne in questa sede, perché svelerei il finale, ma davvero tutte le ipotesi di Range e le loro implicazioni non mi sono sembrate affatto implausibili.
Mi pare che interessi economici, fallimenti di CIA e FBI, millanterie allarmismi e spropositi dei mezzi di comunicazione, depressione e follia degli individui, luoghi comuni e facili supposizioni siano, in fondo, il nostro pane quotidiano. O no?