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Il Conte di Montecristo

di W.E.

Ci sono dei momenti in cui, fortuitamente, le coincidenze portano a piacevoli scoperte.
Poco tempo fa un’amica continuava a dirmi, ogni volta che mi vedeva, quanto la sua lettura de Il Conte di Montecristo fosse entusiasmante. Sembrava quasi che il tempo passato senza il libro tra le mani per lei fosse tempo sprecato.
Non molto tempo dopo mi trovo a vederla, l’isola di Montecristo, a lasciarmela nell’orizzonte di foschia mentre su una barca a vela con degli amici cominciamo la traversata che ci porterà in Corsica.
La trama del romanzo di Dumas, in fondo, è stata per me sempre avvolta nella stessa foschia. Sì, la conosco a grandi linee, ma non l’ho mai conosciuta davvero. E non ho mai visto lo sceneggiato del 1966 col giovanissimo Giordana nei panni di Edmond Dantès, né il film per la tv con Gérard Depardieu.
L’estate prosegue e torno a casa dai miei genitori. Racconto a tavola del mio desiderio di leggere il romanzo, e mio padre il giorno dopo mi regala l’edizione della BUR, che guarda caso è in sconto. A quel punto l’avventura non può che cominciare.
Il titolo della prefazione, di Umberto Eco, è “Un romanzo mal scritto”. Non l’ho ancora letta, anche se mi incuriosisce parecchio. Lo farò alla fine delle 915 pagine che mi avvincono da ormai un mese (fortunatamente sono solo a pagina 204).
Mi succede, di giorno, che al passaggio distratto vicino al comodino, alla vista del libro, mi ricordo improvvisamente che altre pagine mi attendono quella sera. E’ come se la giornata, sul finire, mi riservasse un’ultima sorpresa, rendendo il momento già dolce del coricarsi ancora più foriero di premi.
Non me lo ricordo, ma mi sa che quando da bambini ci leggevano le favole la sensazione era proprio la stessa.
“E chi non l’ha mai letto, lo rilegga!” fu il lapsus di un vecchio professore.

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