Qualche giorno fa, quasi a casa, al volante, un’altra delle mie consuete riflessioni su quanto – a volte – sia desiderabile una parola di un’altra lingua per definire qualcosa.
Qui (il blog di Rexer, una piacevole scoperta) già commentavo sul tema.
Questa volta la parola è spagnola, “arreglar”.
Il pensiero è andato immediato al suo suono e al suo significato, che condensa:
“aggiustare, sistemare, rimettere a nuovo, mettere in ordine”.
Come non desiderarla quando stavi pensando proprio a tutte queste cose insieme?
Una risposta su “Arreglar”
grazie.
In effetti intere costruzioni verbali sono diverse nelle varie lingue (il che aiuta anche a capire la cultura che ha allevato l’idioma, e potremmo al proposito accennare al nostro politichese, per esempio, ma forse è meglio di no).
Una mia cara amica, poliglotta, dice che se deve esprimere pensieri complessi preferisce usare il Tedesco. Io, purtroppo, il pensiero più complicato che riesco ad esprimere in Tedesco è: “non gettare oggetti dal finestrino”, ma questo è un altro discorso, e non ho ancora trovato il modo di dire ad una persona che mi è simpatica in Inglese.
E capisco che quando trovi il vocabolo che ti “esprime” è una bella soddisfazione.