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Teatro

Il teatro che genera stupore

di W.E.

Il Mercante di Venezia di Massimiliano Civica è un’esperienza.

Il completo rigore attoriale e scenico, la composizione dei movimenti e la neutralità del corpo e della parola riducono il teatro a se stesso, ne saturano tutti gli elementi facendone emergere la forza.
Il testo, in primis, di cui non si perde una lettera, diventa il vero protagonista.
Non c’è giudizio né alcuna lettura precostituita sui personaggi. Ogni personaggio è semplicemente in scena e porta con sé la sua essenza, contrapponendosi agli altri per le circostanze, ma non è dato parteggiare per nessuno.
In scena quattro sedie e quattro maschere per quattro attori.
Un unico pezzo musicale, che ripetendosi, reitera un buffo movimento scenico (che la serietà e la cura degli attori rendono assolutamente plausibile), per poi romperlo, secondo lo schema perfetto di quel teatro in grado di generare stupore.
Questo teatro è quanto esiste di più lontano da ciò che siamo abituati a veder recitare; un’altra galassia rispetto alla modalità attoriale consunta e prosaica cui gli spettacoli di cartellone per abbonati (fino ad arrivare al modello televisivo) stanno malauguratamente abituando il loro pubblico. Si tratta dunque di uno spettacolo difficile, che – e posso benissimo capirlo – può annoiare, o addirittura disgustare. Ma questo è giusto, il rischio va preso, perché in compenso la proposta è chiara e il risultato ammirevole.

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