Fin da piccoli, nella mia famiglia, siamo stati iniziati alla scoccetta, una sorta di battaglia con le uova che si tiene la mattina di Pasqua in molti paesi marchigiani. Le uova vengono messe a bollire e una volta sode ognuno sceglie il suo uovo e lo decora come preferisce – non si dovrebbe dire ma in assenza di colori alimentari noi spesso abbiamo usato dei tossicissimi pennarelli. Il gioco consiste nel battere delicatamente (ma con un movimento repentino e deciso) il proprio uovo su quello di un altro. Il proprietario dell’uovo che rimane integro passa al turno successivo e – in teoria – vince l’uovo rotto del perdente (da noi invece ognuno si tiene il suo uovo e se lo mangia). Via via procedendo rimmarà un unico vincitore, il vincitore della scoccetta.
Immagino che le varianti siano moltissime, io di fatto conosco solo quella tramandata dalla mia famiglia, adattata poi alle occasioni. Se si è in pochi si fa presto, ma quando il pranzo di Pasqua prevede molti convitati, si possono anche organizzare dei veri e propri gironi ad eliminazione. Un anno, a un pranzo di Pasquetta da amici, ho portato uova sode per tutti e ho lanciato la sfida. Sembra un gioco banale, beh non ci credereste a quanto la gente si diverte. Naturalmente le tecniche per scegliere l’uovo giusto, o per battere nel punto giusto, o su come l’uovo va tenuto in mano ecc. si sprecano. E natuaramente c’è chi è votato a perdere da sempre, il cugino o la zia che non ricorda di aver mai vinto una scoccetta. È un po’ il mio caso.
Ormai ci siamo abituati all’essere costretti a casa, alle chiamate video con parenti e amici, al tempo che a volte scorre lento a volte velocissimo. Ecco, questa sorta di assuefazione non mi fa sembrare questa Pasqua così particolare o così diversa, anche se in realtà lo è. E certo mi manca la famiglia, mi mancano gli amici. Ma la scoccetta. Accidenti come mi è mancata la scoccetta quest’anno.