Mangio sigarette.
Comincio dalla prima, dopo il primo caffè. E non smetto più. Tranne quando sono in posti pubblici e mi costringono ad aspettare il momento in cui potrò uscire e, come di consueto, come prima cosa non farò altro che frugarmi le tasche per tirarne fuori nicotina.
Non parliamo di quando bevo.
E non parliamo di quando sto davanti al computer. Cioè gran parte della giornata.
Sostituisco sigarette al cibo con una facilità preoccupante.
E intanto vivo in un posto che sa di aria buona, bosco, luna, e stelle.
Il camino e il suo fumo non fanno altro che rammentarmi il pacchetto di fianco allo schermo.
Se salgo una rampa di scale mi sento come probabilmente si sente quello che ha deciso di partecipare alla Maratona di New York senza l’adeguata preparazione.
Non lo dico per vantarmi.
Mi serve per vederlo scritto, e ogni tanto ricordarmi dell’unica buona riforma del governo Berlusconi e della mia deficienza.