Altre speculazioni fresche di giornata.
Riflettevo l’altra notte sulla necessità nel segnare opportunamente il punto in cui si è arrivati a leggere un libro. Non che si tratti di un gran problema, in effetti. Soprattutto se la lettura prosegue dalla sera precedente e non è un romanzo russo quello che avete fra le mani (purtroppo ho avuto sempre enormi problemi con i nomi dei personaggi).
Ma ultimamente mi è capitato, cosa che non mi succedeva da tempo, di soccombere al sopravvenire del sonno senza riuscire neanche a completare il periodo. Le palpebre si abbassano come un bagagliaio difettoso, la testa ciondola pericolosamente. Per fortuna non ho mai dormito su un letto che non avesse un muro alle spalle, ciò non toglie che la cosa sia scocciante.
Ritorni all’inizio della frase, riprendi a leggere, ma il tentativo è vano perché luoghi e personaggi si perdono in una nebbia sempre più fitta, le lettere si trasformano e c’è spazio solo per la rinuncia. Niente di grave, anzi è meraviglioso affiancare la sicura assenza di inutili veglie al tepore delle coperte.
Ma la sera successiva sarà sicuramente più difficile ricordarsi a che punto della pagina le membra hanno allentato la tensione e il cervello si è spento.
L’orecchia è utile. A differenza del segnalibro, lei ti dice subito qual’era la facciata esatta. E se tu hai la buona abitudine di fermarti alla fine di un paragrafo, non rischerai di rileggere cose già lette.
(Nel caso sopracitato si scoprirà comunque, nel rileggere, che il sonno non aveva permesso a numerose frasi di raggiungere qualche zona neuronale). Però fare l’orecchia alla pagina mi sa sempre di irrispettoso, vai a capire perché. Anche se i libri sono miei e volendo potrei decidere pure di bruciarle le pagine.
Diverso è il caso della sovracopertina. Direte voi: anche la sovracopertina permette di segnare la facciata. Ha due ali fatte apposta. Attenzione, non è mica vero. Le ali funzionano in tal senso solo se
il volume è di assai modeste dimensioni. Solo se le pagine sono poche. In caso contrario, si userà l’ala sinistra per la prima metà del libro e quella destra per la seconda metà. O no?
Infine sussiste un’ultima questione. Che ha poco a che fare col segno da lasciare, o forse molto.
Sottolineare un libro. Un’amica si è stupita nel rilevare che io non sottolineo niente di quello che leggo. Io sottolineo quando leggo per studiare, o per memorizzare. Ma mai quando la lettura è lettura pura, per piacere. Che errore madornale, in effetti. Nell’ultimo libro che ho finito, che mi è sembrato ottimamente scritto e che mi è molto piaciuto, avrei potuto, dovuto sottolineare milioni di cose. Ma sul momento non ci pensavo. Anche se ritornavo tre, quattro volte su alcuni periodi e alcune frasi che mi colpivano particolarmente. Ci ho pensato dopo, una volta finito. Questa è la noiosa forza dell’abitudine. La prossima volta uscirò al gelo che si appoggia sulle mie coltri non per controllare se lo scarico del bagno perde o per buttare fuori il gatto, ma invece, per affilare la punta di una matita e appoggiarla sul comodino.