Mi piacerebbe spiegare alle persone che non avere cartellini, orari, ufficio, non significa per forza lavorare di meno.
Rammentargli che lavorare a casa non vuol dire passare il tempo sul divano.
Raccontargli che lavorare in ambito teatrale non è uguale a passare la giornata a fare smorfie.
Fargli capire che lavorare nella grafica o nel web non vuol dire fare un disegnino né mandare un’e-mail: fargli entrare nel cervello che il progresso tecnologico non implica necessariamente che il computer faccia le cose da solo.
Ricordare agli “amici” che ti commissionano un lavoro che, in nome dell’amicizia, il lavoro va pagato allo stesso modo e non molto meno, né molto dopo che il lavoro è stato consegnato.
E molte altre cose ancora vorrei dire, ma dato che stasera non lavorerò, mi concedo la cena a un orario normale e magari, mi guardo pure la televisione.
13 risposte su “Puntualizziamo”
Facciamo a cambio.
Anche di stipendio e condizione sociale.
Saluti.
Non mi sto lamentando di ciò che faccio, né della fortuna di aver potuto scegliere di farlo.
Quello che faccio mi piace.
Sto dicendo innanzitutto che il riconoscimento di un lavoro dovrebbe esistere anche quando esce fuori dai normali canoni, cioè a dire che è lavoro anche quando non si tratta di andare in miniera.
E poi sto dicendo che chi non conosce le modalità con cui quel lavoro funziona dovrebbe avere l’umiltà di ammetterlo (e quindi non pretendere di sapere o imporre la sua idea), anche quando non si tratta di entrare in sala operatoria e tagliare col bisturi.
Buonasera.
Tendiamo a notare chi, a nostro avviso se la passa meglio.
Tutto quello che dici è vero. Non dovresti prendertela tanto.
Salutandoti ti faccio l’elenco escatologico dei luoghi comuni sugli impiegati.
-“Beati voi che avete l’aria condizionata d’estate e i termosifoni d’inverno.” L’accusa è rivolta da stradini, muratori, operai delle cave, benzinai, i lavoratori all’aperto.
-“Tanto che Vi importa, alle cinque e mezzo staccate e il ventisette Vi pagano comunque” Questi sono i lavoratori autonomi.
-“Voi avete il sindacato che vi protegge” Forzaitalioti e destrorsi in genere.
-“Voi avete ferie, malattia, indennità varie, la maternità! Io vado a lavoro anche con la febbre!” Lavoratori autonomi, con l’aggravante di cui sopra.
-“Non lamentatevi che in questi chiari di luna un lavoro così è una fortuna” I sindacalisti.
Fondamentalmente, serenamente, profondamente, affettuosamente, dò loro ragione e li mando a cagare. La notte dormo sereno. Il perché? Sono solo fatti miei! (A proposito di pubblicità diaboliche)
Caro “Simone Ceccherini”, come ti fai chiamare in questo blog, sono un ricco ereditiero che non ha bisogno di lavorare, ti sto scrivendo dal fiume Kinshasa e sto per assistere al probabilmente più grande incontro della storia della boxe. Dopo un rinvio di una settimana, dovuto ad un piccolo infortunio del detentore del titolo, finalmente il match ha inizio: ecco che i due pugili cominciano a sferrare i primi colpi, ma sono ancora in fase di studio. Un destro improvviso del campione fa indietreggiare repentinamente lo sfidante, il quale saltella come a volersi riprendere subito, ma il campione decide di affondare e induce lo sfidante ad indietreggiare verso le corde e ad incassare una serie di terribili colpi ai fianchi; lo sfidante reagisce e con un gancio destro riesce ad allentere la morsa, ma solo momentaneamente perché il campione lo mette di nuovo alle corde e lì lo tiene fino alla fine della prima ripresa. Il gong salva lo sfidante, il quale torna all’angolo senza riuscire a staccare gli occhi dal suo avversario. E’ uno sguardo di terrore, forse per la prima volta sente che può non farcela.
Inizia la seconda ripresa nel segno della prima: lo sfidante alle corde incassa i dardi furiosi del campione; e così fino alla settantaquattresima ripresa, quando cioé lo sfidante inaspettatamente colpisce con un gancio di violenza inaudita il campione esausto che, come una valanga frana.
La vittima in un attimo ha ribaltato la situazione diventando carnefice, o forse era tale dall’inizio, quel gancio improvviso infatti ha fatto rileggere con un altro segno tutto l’incontro.
Adesso comincia a Kinshasa la stagione delle grandi piogge, l’acqua scorre ovunque e gli spogliatoi sono già allagati. Vado a Oslo.
E’ il mio nome di battesimo.
When we were King’s? o The fight?
Simone Ceccherini usa i nomi degli elementi della tavola periodica per creare dei nuovi nick. Li preferisco agli emoticons. Faccio presente che cambio elemento assecondando il mio stato d’animo. Chi non conosce le peculiarità dell’elemento utilizzato come nick può consultare la tavola periodica degli elementi presente su Wikipedia.
Oggi sono Ununseptio.
Avanzo una richiesta: si potrebbe essere un po’ più coerenti in questo blog? Potreste mandare il vostro Io a fare un giretto quando vi curvate sulla tastiera? Non mi piace essere antipatico, ma tanto meno bramo di fare il simpatico. Io sono un tipo tutto d’un pezzo. Non so se sono stato sfacciato io a presentarmi a voi dalla porta di servizio, ma posso fare di meglio, io; per esempio uscire dalla principale. E se dovessi decidere, per carità non tentate di fermarmi, io odio i lunghi addìi.
Non sentirò la mancanza.
Addio.
La tua insolenza ha superato ogni limite.
Pretendo soddisfazione. Riceverai i miei padrini.
In ogni caso avrei preferito che argomentassi almeno un po’; da dove vieni? dalla Laconìa?
E pensare che cominciavo ad innamorarmi di te, ti pensavo e mi chiedevo:” cos’ha più di lei? Forse è quel modo di camminare morbido e deciso, oppure lo sguardo apparentemente assente che si perde in un basso orizzonte.” Ho studiato a lungo il tuo sguardo e, improvvisamente, mi è parso di scorgervi riflesse le tue visioni, si, tu sogni cose che io ho già distrutte! Oh povero me, tremo al pensiero che tu sarai la rosa che non colsi! Il nostro destino sembra aver indossato proprio questa triste veste.
Stanotte pioverà, noi non saremo nello stesso letto e io ti penserò e forse viceversa.
Si. No.
“Si, No”: due parole monosillabiche di segno opposto ma, io trovo, di insuperata bellezza, totali, definitive, chiare, più di tutte le infinite altre. Anzi si può dire che tutte le altre parole, innumerevoli, collocate fra queste due, non sono altro che innumerevoli compromessi che, per giunta, si intrecciano in infinite combinazioni; tuttavia la soluzione finisce sempre in un Si o in un No.
Addio dunque, come vuoi tu: da ora in poi o “Si” o “No”. Inauguro un nuovo ciclo (che naturalmente prima o poi si chiuderà).
Caro Tonio,
se non ti spiace cancellerò i commenti del nuovo ciclo.
Le due parole monosillabiche di insuperabile bellezza non mi bastano.
E un’osservazione: amo molto i tuoi ricchi profluvi non-sense ma dopo un po’ arrestano la conversazione e questo non mi piace.
Se hai scritto con sincerità, la tua ultima affermazione significa una cosa sola: preferisci ciò che ti piace a ciò che ami molto.
Ma ti capisco, c’è sempre qualcosa di inaccettabile nell’amore, dobbiamo pur pensare a conservarci ogni tanto e a consolarci con quello che semplicemente ci piace. Almeno finché avremo la forza di trascinare la nostra gracilità sotto la luna.
Comunque il mio Io letterario è lusingato e ti ringrazia.
Quanto al ciclo del Si e del No, come vedi è durato giusto quanto l’odore di un pepito. Non me ne volere, ti prego, se infangherò ancora il buon tono della tua casa, non sono in grado di garantire un ideale contegno da salotto; ti supplico non darmi ultimatum, lascia che questo Io esista, non lasciare secchi i tuoi occhi, le lagrime sono importanti, lubrificano.
Ti imploro, rispondimi al più presto, o morirò di tisi!
Non è proprio così, dato che una crina in ciò che amiamo può farci smettere di amare.
(cfr. Lisa e Barthes).
Ma qui il punto è un altro, squisitamente funzionale: se i commenti smettono di essere aderenti al contesto, perché è il gioco del non-sense che guida, chi legge – e scrive – ha sole due alternative: mettersi sul tuo stesso piano o smettere di leggere e scrivere.
In ognuno dei due casi, le limitazioni sono forti.
Trovo che il tuo io letterario potrebbe essere più interessante a livello di post che di commento, e lì mantenere la sua integrità.
Le persone si stancano facilmente, tanto più se trovano continui commenti che buttano in fallo qualsiasi cosa scrivano.
Non cerco il contegno da salotto, ma il salotto sì, con divani e sedie comode, senza che, necessariamente, lo scherzo di tirare via la sedia da sotto il culo funzioni sempre.
Concedi a Tonio una replica, ti supplica:
perchè lo scherzo di tirar via la sedia sotto il culo funzioni almeno una volta alla perfezione, bisogna provare tanto. Tonio è un cialtrone perfezionista. Tuttavia di certo non è quello il suo gioco, o non solo quello.
Non ti preoccupare w.e.: Tonio il virus, prima o poi, verrà baciato per trasformarsi in rospo.