Non so voi, ma per me è ancora fresco il ricordo dei manifesti attaccati alle porte delle chiese i giorni del referendum sulla legge 40. Unite nella campagna politica, le diocesi stampavano dei “NO” cubitali, tante volte gli anziani non vedesssero bene quale fosse la scelta che erano chiamati a fare. Ricordiamoci che a distanza da pochi giorni del referendum la maggior parte delle persone non sapeva neanche di che cosa si stesse parlando.
Oggi, a distanza di due anni e mezzo, è iniziato un nuovo dibattito sulla 194 e sulla sua applicazione. Già allora qualcuno diceva che questo sarebbe stato il passo successivo.
Ma no – e anche oggi, dopo la moratoria di Ferrara, tutti dicono: Ma no, è impossibile che si possa toccare la 194.
Ferrara chiarisce la sua posizione: “La legge 194 è sacrosanta, in quanto ha vinto sull’aborto clandestino. Se la voglio cambiare? No! Mi hanno accusato di essere l’orco che vuole portare le donne in catene a partorire. Nella mia proposta di moratoria sull’aborto non c’e’ alcuna aggressione alla legge 194”.
Sarà, ma vediamole un momento le conseguenze della sua moratoria, raccolta a velocità da staffetta da Ruini, quindi da Bondi che propone subito una mozione parlamentare, a sua volta accolta “con favore” da Paola Binetti (senatrice del Pd).
Voglio tralasciare la manipolazione strisciante dei monarchi del Vaticano durante le messe della domenica e nelle pagine dei quotidiani, chi non la vede si svegli, e passare invece subito alle veloci applicazioni pratiche del nuovo pensiero teocon.
In Lombardia la Giunta presieduta da Formigoni ha appena intrapreso un nuovo atto d’indirizzo, costituito da due iniziative.
La prima “riguarda il potenziamento delle attività preventive e di accoglienza delle donne in stato di gravidanza complessivamente effettuate dalle ASL, dai consultori e dai servizi di ostetricia e ginecologia, con attenzione alle sinergie rispetto ad altri soggetti rappresentativi del volontariato sociale” (attenzione bene a questi “altri” soggetti).
“La seconda iniziativa – ha aggiunto il presidente lombardo – consiste invece nella individuazione del termine ultimo di effettuazione delle interruzioni volontarie di gravidanza (di cui all’articolo 6b della legge 194, cioè il cosiddetto aborto terapeutico) non oltre la 22ma settimana +3 giorni, ad eccezione dei casi in cui non sussiste la possibilità di vita autonoma del feto”.
Ovvero, la Lombardia per prima fissa il limite dell’aborto terapeutico alla 22ma settimana.
Che cosa cambia rispetto alla Legge?
L’articolo 6 della legge 194 recita:
“L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.”
Ossia la legge, in caso di aborto terapeutico, non fissa un limite, anche se normalmente il limite viene fatto cadere alla 24 settimana.
In Lombardia si stabilisce invece che dopo 22 settimane e 3 giorni può cominciare la vita autonoma di un neonato e l’aborto terapeutico è dunque vietato oltre questo termine.
Andiamo ora in Veneto.
Nel 2006 a Venezia, una grande manifestazione avversava il Progetto di Legge n°3 presentato dal Movimento per la Vita dal titolo “Regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto”. Il provvedimento, che si compone di tre articoli, prevede la presenza obbligatoria di materiale informativo e di volontari delle associazioni per la vita nei consultori, nei reparti di ginecologia e ostetricia, nelle sale di aspetto e negli atri degli ospedali al fine di informare le donne sui rischi dell’interruzione volontaria della gravidanza e sulle possibili alternative all’aborto. Il progetto impegna i direttori generali delle aziende ospedaliere a imporre sanzioni nei casi di inosservanza di tali disposizioni.
Questo progetto di legge è quantomeno controverso se la 194 dispone all’art.2 che:
“(…) I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.”
Con questo progetto di legge non solo si darebbe la priorità, tra “gli altri soggetti del volontariato sociale” di cui sopra, al Movimento per la Vita, ma addirittura renderebbe la presenza dei volontari di questa associazione e del loro materiale obbligatoria. Le sanzioni disposte per l’innoservanza di tali disposizioni andrebbero dai 500 ai 5.000 euro. Vedete bene che si tratta di una vera e propria modifica dell’articolo 2 della 194.
Il PDL n°3 è stato allora affossato. Bene. Peccato che sulla scia della moratoria sull’aborto la Regione Veneto si sta preparando a rimetterlo all’ordine del giorno.
Piano piano, silenziosamente, piccoli passi vengono intrapresi e, come per i gamberi, questi passi si muovono all’indietro, andando a minacciare i risultati delle conquiste di autodeterminazione individuale e sociale del passato. La punte più avanzate di questo venticello reazionario – come l’ultima oratrice del convegno su Scienza, Etica e Laicità che si è tenuto lo scorso 29 gennaio a Venezia sottolinea – parlano già di “vietare l’aborto terapeutico” e di “amore libero dalla contraccezione”.
A conclusione del suo intervento ci avverte: “Mia nonna diceva che quando c’è vento bisogna chiudere le finestre, perché fa corrente”.
2 risposte su “Se c’è vento bisogna chiudere le finestre”
caro/a W.E.,
quando qualcuno attacca la 194 – è un fatto ciclico – rivivo la mia esperienza personale. Ho negli occhi la campagna della Chiesa, volgare, aggressiva, ma anche quella degli altri, che in tanti hanno fatto per costruire quella consapevolezza che ha portato al risultato del referendum.
Io ero tra i tanti. Ho scelto di assecondare una iniziativa di alcune donne della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) che andavano nelle campagne a parlare con le donne. Si partiva nel tardo pomeriggio, ci si inoltrava nell’entroterra (siamo in una regione del centro Italia), una macchinata di quattro donne in media, ognuna di noi veniva lasciata in un casolare, lì trovava piccoli gruppetti al femminile, poi dopo circa 2 ore, 2 ore e mezzo, la macchina ripassava, e tutte di nuovo a casa.
Un’esperienza unica: il piccolo gruppetto era abbottonatissimo, non intendeva esporsi, il territorio battuto con tenacia era una zona bianca, tutte timorate del prete, più che di dio.
Ma tant’è, si sa come succede, una parola tira l’altra, dopo un po’ qualche battuta, i maschi sono sempre uno splendido argomento “da socializzare”, c’è sempre una più spiritosa, e, comunque, gli aneddoti non mancano a nessuna. Risultato? Dopo un po’ una ondata in piena: ognuna aveva un suo racconto, storie mai dette, finalmente poteva parlarne. In assoluta solitudine le donne abortivano nelle peggiori condizioni. Più di una donna ha raccontato di aver fatto oltre 10 aborti, di nascosto, ripartendo dolorante il giorno stesso per garantire tutto quanto c’era da fare nell’orto, nella stalla, in casa, con i bambini, con gli anziani.
Sono cose che si sanno, lo so. Ciò nonostante, nel viaggio di ritorno in macchina con le mie compagne di avventura ci chiedevamo: “ma com’è possibile che la Chiesa abbia imboccato questa crociata? Questi sono tutti voti cattolici, ma al referendum voteranno SI. Come ha potuto un’istituzione che vuole stare in mezzo alla gente, essere così estranea a questo problema? Come fa a non sapere? A non avere le antenne per capire che perderà?”.
Se dovessi rispondere ora a queste domande…boh!!!, semplicemente non le farei. Sono convinta che la Chiesa sappia, che la consapevolezza ce l’abbia, ma sono altrettanto convinta che queste prove di forza, anche se la vedono perdente, la rafforzano, rafforzano quegli atteggiamenti di intransigenza, di chiusura, di cui ha bisogno, per autoalimentarsi, almeno in questo periodo. E’ stato così anche nel medioevo…
Detto questo, credo proprio che dobbiamo stare in campana, soprattutto se si dovesse mettere in piedi qualche inciucio per governare – c’è sempre qualcuno che considera merce di scambio, materie che per altri sono pilastri di civiltà – ma è anche vero che credo che le donne, che ne hanno passate tante, se non le hanno passate loro, sanno che le hanno passate le loro mamme o le loro nonne, non credo che potranno essere disponibili ad arretrare su un tema, quello della maternità consapevole, che è nel dna di tutte.
Adriatica
Cara Adriatica, grazie davvero per la tua preziosa testimonianza.
Credo come te, che tante donne – o forse la maggior parte – non siano disposte ad arretrare sul tema. E con loro, è per me una certezza, tanti uomini.
Tuttavia, come dici tu, bisogna stare in campana, perché mi sembra che di questi tempi basta che un’onda prenda piede e si rischia di rimanerne sommersi.
Il tema è caldo e la cosa più difficile è tenersi informati su quello che accade e che non viene portato alla luce dai media in modo eclatante. Ovvero la maggior parte delle cose importanti.