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Sicko

di W.E.

Dopo la Palma d’Oro a Cannes con Fahrenheit 9/11, ecco Sicko, nuovo documentario di Micheal Moore che questa volta si cimenta con il problema della sanità statunitense.
Negli Stati Uniti il sistema sanitario non è statale, ma bensì gestito attraverso assicurazioni private ovvero da potenti lobbies che hanno un preciso scopo di lucro.
La condanna ad un sistema del genere, un sistema antidemocratico perché non garantisce universalemente la salute ai suoi cittadini a prescindere dal reddito, è ovviamente unanime ed è pressoché impossibile non stare dalla sua parte.
I casi che Micheal Moore porta alla luce sono forse casi estremi, ma i vizi e i malfunzionamenti di tale sistema sussistono in modo piuttosto evidente e sono talvolta agghiaccianti.
Mi piacerebbe tuttavia, e questo vale anche per i suoi altri documentari (soprattutto per il precedente) che Micheal Moore si piegasse un po’ meno alla provocazione fine a se stessa, a una sorta di spettacolarizzazione, sensazionalismo e parzialità di cui lui per primo accusa la controparte (il governo o i mass media o le società etc.).
Questo a prescindere dall’argomento. Sarebbe più interessante e più formativo se le sue ricerche fossero più ricche, più profonde, più complesse, e dunque più complete, in grado di spiegare meglio e di più le cause e le conseguenze di certi contesti culturali e sociali.
Ricordo che in particolare Fahrenheit 9/11 mi infastidì molto in questo senso.
Trovai piuttosto semplice, e privo di utilità, andare a suggerire ad un membro del congresso di mandare suo figlio in guerra. E trovai fuori luogo il viso in lacrime di una madre straziata che legge una lettera del figlio morto sul campo di battaglia. In quel momento Micheal Moore stava utilizzando esattamente lo stesso strumento di un talk show, della malainformazione che lui tanto accusa, dello spettacolo che muove facilmente a commozione che lui deplora con forza.
Il finale di Sicko è commovente davvero, perché il discorso cui si arriva è davvero un discorso umano, che ha a che fare cioè con l’uomo. Niente di nuovo, è chiaro, è quella cosa che tutti sappiamo: che l’uomo diventa cooperativo e solidale solo quando si trova insieme ad una intera comunità nelle stesse condizioni di necessità, di povertà, di disperazione. Mentre finisce per dimenticare di navigare nello stesso mare nel momento in cui non ha più bisogno degli altri.
Sembra un discorso banale ma banale non è se ad una dirigente di una società servono anni per capire che sta mandando a morte delle persone in nome di un aumentato stipendio e delle volontà dei suoi superiori.
Tornando alla modalità di Moore: in questo film Francia e Gran Bretagna sembrano dei paradisi in terra. E questo non è. Il modello sanitario di molti Paesi, tra cui l’Italia, ha l’indubbio valore (che è un dovere, secondo me) di garantire le cure a chiunque – e soprattutto a chi non potrebbe permettersi cure onerose – ma contiene anch’esso mille contraddizioni e malfunzionamenti.
L’Europa ha imparato, da molti anni, che gli Stati Uniti non vanno osannati. Anzi, da Bush Jr. e in particolare dall’11 settembre in poi ha fatto suo un antiamericanismo vivace (mi piacerebbe che Moore facesse un documentario su tutte le cose positive, democratiche, funzionanti del suo Paese).
Ho pensato che forse in questo senso i film di Moore siano più utili in patria che oltreoceano. Ma mi dicono che così non è, perché la forma provocatoria che adottano non favorisce una reale riflessione sui problemi – gravi e veri – che questi documentari portano alla luce; hanno invece l’effetto contrario di irritare i connazionali, così irrimediabilmente attaccati alla bandiera.
È forse la cosa più difficile in assoluto, ma se le persone riuscissero a tenere presenti sempre nuovi e diversi punti di vista, contemplando la varietà e la complessità degli argomenti, mantenendo vive le proprie capacità critiche al di fuori di facili idealismi, analizzando con attenzione le diverse parti e controparti di un problema, sarebbe…che sarebbe? Non so, un altro mondo.

15 risposte su “Sicko”

Scusa Curio-Tancredi-Causio-Gentile-Altobelli (la mia unica passione calcistica dell’infanzia)-Bearzot, ma non capisco. È per dire che gli Stati Uniti sono solo merda secca? O è per dire che anche una sorta d’informazione completa ci fa arrivare alla conclusione che gli Stati Uniti sono solo merda secca? Qual è il sottotesto ai link che poni a commento? Come si sostanzia il tuo commento al mio scritto?

W.E. scrive:
“(mi piacerebbe che Moore facesse un documentario su tutte le cose positive, democratiche, funzionanti del suo Paese).”
Quali?
Mi risulta che gli States non abbiano mai fatto cose positive all’umanità mondiale da almeno cinque o sei decenni. A sostegno di ciò metto in campo prove storiche e tu?

Certo che qui ci scrive gente davvero insopportabile. Forse è gente che ci arriva cercando “snob” su google.
W.e. inizierei a pensare di moderare i commenti,
un saluto affettuoso.

Non lo so Pablito, penso a certe forme civili come la meritocrazia, che ancora lì vale qualcosa, penso all’informazione e a come sia impedito che politici o detentori di poteri economici posseggano quote di media, penso alla ricerca scientifica e allo sviluppo tecnologico, e poi proprio perché a volte anch’io non riesco ad individuarne mi piacerebbe che qualcuno lo facesse. Non mi interessa difendere gli Stati Uniti, non ne ho nessuna intenzione, proprio per tutte le cose che tu stesso metti in evidenza e che sono solo alcune tra le mille perpetrate da questo Paese ad altri Paesi e a se stesso.
Però non mi piace mai quella tipica posizione che assumono alcune persone per cui il Governo malato di un Paese (come è quello di Bush) finisce per somigliare e identificarsi nel Paese stesso e in tutta la sua popolazione. Finiremmo esattamente per fare come Bush, e fottercene di tutti i civili che vivono a fianco ai suoi presunti terroristi e che muoiono in loro nome.
La forma adottata da Moore per le sue giuste denunce assume a tratti un pressapochismo che non mi piace, ma questo lo direi probabilmente anche se Moore parlasse del Burundi. Ben vengano film come i suoi, ma ne vengano anche di migliori, in cui argomentazioni più ricche e più sfumature ci permettano di vedere anche lati più nascosti della faccenda, fosse anche per condannare gli Stati Uniti con maggiore cognizione di causa.

Sono uscito dal cinema con il tuo stesso stato d’animo w.e.
Il film, secondo me, è bellissimo, Moore, secondo me, è bravissimo. Però è americano, nel senso più nagativo del termine. Resta il fatto che morire perché un funzionario si è attaccato a qualche cavillo per non darti i soldi per campare è veramente agghiacciante.

Pecco scrive:
“Certo che qui ci scrive gente davvero insopportabile. Forse è gente che ci arriva cercando “snob” su google.”
Il web è veramente democratico, quindi puoi scegliere di sopportare altre forme di esibizionismo altrove. E questo vale anche per me nei tuoi confronti.
…….e aggiunge:
“W.e. inizierei a pensare di moderare i commenti,”
io propongo la censura, di quelli come Pecco.
…..conclude:
“un saluto affettuoso.”
Vi saluto anche io, Pecco compreso.

“Sarebbe più interessante e più formativo se le sue ricerche fossero più ricche, più profonde, più complesse, e dunque più complete, in grado di spiegare meglio e di più le cause e le conseguenze di certi contesti culturali e sociali.”

Complessità equivale a completezza? Forse la semplicità è la miglior cosa per spiegare concetti che – e basti guardare non poi così tanto a fondo (ovvero rileggere ciò che tu stesso hai scritto)- sono proprio molto semplici.

“[…]in questo film Francia e Gran Bretagna sembrano dei paradisi in terra. E questo non è. Il modello sanitario di molti Paesi, tra cui l’Italia, ha l’indubbio valore (che è un dovere, secondo me) di garantire le cure a chiunque[…]”

E’ ciò che accade appunto in Francia ed in Gran Bretagna.
Forse hai strutturato male la frase…:-)

Caro MIR, grazie per le tue puntualizzazioni, probabilmente hai ragione: alcuni passaggi del post non sono proprio chiari – la chiarezza è qualcosa cui non finirò mai di ambire, e non solo nello scrivere.
Non potrei essere più d’accordo sulla questione della semplicità. La semplicità e la sintesi (e dunque una bella dose di chiarezza) sono anche secondo me fondamentali.
È vero che complessità non equivale a completezza e in effetti ciò che intendevo non era qualificare l'”analisi” ma dire che l’analisi dovrebbe considerare la complessità dell’oggetto che analizza (uso improprio dell’aggettivo, come sottolinei).
In sostanza secondo me Moore spesso la fa un po’ troppo facile (e sappiamo che “facile” non è uguale a “semplice”).
È sempre questo che intendevo nel passaggio in cui parlo di Francia e Gran Bretagna.
Anch’io sono dell’idea che ciò che accade negli Stati Uniti in materia sanitaria sia aberrante e che le forme di Stato assistenziale adottate dai Paesi europei in questione siano preferibili e “doverose”, ma ho trovato il confronto non tanto semplice quanto semplicistico. Non è parso anche a te?
Pur con tutta l’ironia del caso a me non ha fatto sorridere la carrellata di fidanzati che si baciano lungo la Senna con il chiaro sottotesto “guardate come si sta bene in Francia”. Mi sembra piuttosto un ammiccamento sprovveduto.
E ancora: facile. Troppo facile.
Ho paura che il lavoro di Moore possa improvvisamente fare come un boomerang e andare a colpirlo in faccia. Però con lui colpire anche tutto ciò che di buono ne è scaturito; costituire un precedente che dia modo alle persone di non concentrarsi attentamente sui seri problemi che vengono portati alla luce.
Sento che ricomincio a perdere in chiarezza, quindi chiudo qui.
Spero di aver “semplificato” qualcosa. Ciao MIR, a presto.

Un link da aggiungere alla lista di Rummenigge.

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