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Appuntamento involontario per tre perfetti sconosciuti – parte II

di Simone Ceccherini

IL MITO DEL PADRE

– Mi dispiace, come le avevo anticipato, non ha nessuna intenzione di rilasciare alcuna intervista. Mi creda non è cosa.
– Sicuro, lo sento dal suo tono di voce. Posso scrivere che non rilascia interviste da cinquant’anni?
– Scriva che cinquant’anni di silenzio parlano da soli.
– Mi sembra ragionevole. La saluto e non manchi di farlo con il signor Turnupseed.
– Lo farò. Arrivederci.
Mi rassicuri con lo sguardo. La tua profonda ammirazione per me è stata motivo di gioia e di ansia.
Non sono sempre stato un uomo retto, integerrimo, giusto, dotato e amato.
Hai voluto, forse dovuto, crederlo. Un mito non può essere infangato dal dubbio.
Vedi cara, apprezzi il fatto che, con dignità e senza speculazioni, mi sia portato dietro un fardello così pesante per cinquant’anni. Non è vero. L’America se l’è voluto portare dietro e non certo per pietà, non abbiamo una storia, dobbiamo crearcela.
Le foto da attaccare ai muri delle case, i personaggi di cui parlare, i libri da scrivere su questo o su quel morto ammazzato, gli scandali, gli omicidi dei presidenti e dei leader politici ci aiutano a creare un passato. Senza miti, senza icone, come potremmo alimentare la memoria collettiva? Siamo un paese Popular, del resto l’America è una grande provincia.
In quel giorno, a quell’ora, su quella macchina, lungo quella strada, tuo padre guidava felice – tua madre era in stato interessante -, pensava al tuo nome mentre guidava la Tudor di tuo nonno, non aveva visto “Il gigante”, non si era accorto e non ricorda nulla. È stato solo un banale incidente stradale, ad un ora banale, su una strada senza importanza. Sai qual è la cosa più strana? Per milioni di giovani americani, quell’incidente rappresenta l’inizio di un mito e di un periodo, che ha influenzato nel bene e nel male il loro modo di vivere la loro jeunesse. Io sono rimasto escluso, non ho potuto condividerlo. Come avrei potuto osare tanto?
Ancora oggi mi chiedono di rilasciare un’intervista. Va bene. Vorrei parlare delle mie riflessioni immaginarie sul cambiamento dei costumi negli Stati Uniti d’America a seguito dell’incidente stradale di Paso Robles.
– Potresti abbassare la tenda?
– Certo. Vuoi una tazza di caffè.
– Grazie.
– Come nei migliori telefilm papà!
Stiamo ridendo. Non della stessa cosa.
Non capite vero?
Neanche io ho le idee troppo chiare.

Appuntamento involontario per tre perfetti sconosciuti – parte I

2 risposte su “Appuntamento involontario per tre perfetti sconosciuti – parte II”

Sono un povero studente appena arrivato in questa bella città, si, sono un povero studente solitario e sono appena arrivato in quest’isola felice.
Ne ho sentite tante su Isnea che ho deciso di darci un’occhiata.
Aspetto in piazza dove non c’è nessuno che mi guardi negli occhi.
Me ne sto appoggiato al muro, ma finisco per parlare solo col vento.
Oh dove posso farmi succhiare il cazzo? Dove posso farmi fottere?
Non ho soldi, ma saprei bene come utilizzarli.
Ho chiesto a un giovane poliziotto se mi metteva dentro per una sola notte.
Ne ho avuti di maiali nella fattoria in cui vivevo e ce n’è di quelli che vanno benissimo, si ce n’è.
Il poliziotto mi ha fottuto col suo manganello e l’elmetto era un po’ troppo grosso.

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