Parigi. Una settimana fa, in una sala di incisione qualsiasi, si incontrano tre persone con tre strumenti e la fotocopia di uno spartito scritto a matita. Il titolo del pezzo è “The quiet I never had”. Non ci sono indicazioni di tempo, ma a guardare la durata delle note e la complessità dell’armonia sembrerebbe una ballad… bisogna suonarla lenta per far venire fuori quei suoni lì. Guarda guarda, il primo accordo è un sol minore maj7, come quelli che lo seguono… come se chi l’ha scritto volesse far risaltare il contrasto tra minore e maggiore, mettere ciò che è triste e ciò che è allegro insieme, nello stesso momento, nella stessa “cosa”. Se ci fosse un pianoforte verrebbe fuori un suono aspro, grappoli di note divise sempre dagli stessi intervalli che cadono uno dopo l’altro e scandiscono lentamente il tempo in istanti immobili… istanti di asprezza, ma allo stesso tempo stabili e quieti, come i passi lenti di una camminata alla scoperta di una bella giornata… Mmh, non è male. Ma non c’è il piano, e nemmeno una chitarra, quindi niente accordi. Vediamo se riesci a tirare fuori qualcosa con quella specie di armadio che ti porti dietro e ti ostini a chiamare strumento musicale… Il resto ce lo metto io col fiato.
Vai, deuxieme…..